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La morte a Venezia di Thomas Mann
GENERE: romanzo breve, classico

Un vecchio uomo e una città morente.
Due entità che convivono in un libro dai forti contenuti sentimentali. Il capolavoro di Mann è un racconto breve ambientato in una Venezia spettrale che fortemente mi richiama alla mente quello che tutti noi stiamo provando in questi giorni nei quali il Covid-19 imperversa nelle nostre esistenze e ci costringe a creare città fantasma.

Gustav Aschenbach è un famoso scrittore tedesco che sente l'esigenza di partire, viaggiare nella speranza di migliorare la sua salute minata da problemi cardiaci. Dopo alcuni ripensamenti, si convince a partire per Venezia.
Tra gli ospiti del grande albergo in cui alloggia, la sua attenzione cade su una nobile famiglia polacca in vacanza: tra di loro c'è un ragazzo di più o meno quattordici anni abbigliato con un vestito alla marinara. Per Gustav è un colpo di fulmine folgorante. Lo scrittore rimane affascinato dalla bellezza del ragazzo al punto da cominciare a spiarlo in segreto.


Tadzio, questo il nome del giovane, con la sua sola presenza suscita in Aschenbach forti sentimenti che il protagonista esprime con una serie di atteggiamenti ed emozioni tipiche degli innamoramenti adolescenziali.

Tutta la vicenda si sviluppa all'inizio del XX secolo quando a Venezia sta per irrompere una terribile pestilenza. Mann è esemplare nel descrivere una città che si avvicina a un punto critico e seppure molti continuino, in maniera decisa, a voler celare il vero pericolo, ormai la sua decadenza è così palese e tangibile che resta poco da fare.
I giorni di reclusione forzata che stiamo vivendo a causa del Coronavirus mi hanno fatto ricordare le sensazioni provate durante la lettura, quando Mann descrive il vecchio a passeggio per le vie deserte della Venezia in piena emergenza sanitaria. Sensazioni di isolamento, decadenza e solitudine che riviviamo appena usciamo di casa per recarci al lavoro o per andare a fare la spesa. Strade deserte, sanificazioni degli ambienti, la paura di quello che potrebbe verificarsi si ritrovano in queste righe intrise di potenza emotiva amplificata dagli impulsi che Gustav prova nei confronti di Tadzio.
È certamente un bene che il mondo conosca soltanto la bella opera e non le sue origini, non le condizioni e le circostanze del suo sviluppo; giacché la conoscenza delle fonti onde scaturisce l'ispirazione dell'artista potrebbe turbare, spaventare, e così annullare gli effetti della perfezione.
Col passare dei giorni infatti, l'esistenza di von Aschenbach ruota sempre più ossessivamente attorno a Tadzio, simbolo per lui di una gioventù svanita, ma anche oggetto di istinti omosessuali che lo scrittore non era consapevole di possedere o che forse aveva fino a quel punto represso.
La solitudine genera l'originalità, la strana e inquietante bellezza, la poesia, ma anche il contrario: l'abnorme, l'assurdo, l'illecito.
Il racconto si conclude inevitabilmente alla spiaggia del Lido, dove Aschenbach osserva Tadzio giocare con gli amici. Il ragazzo ad un tratto lascia i compagni e si dirige al largo ma, prima di svanire alla sua vista, volge e condivide un ultimo sguardo col suo ammiratore morente. Lo scrittore rimane totalmente estasiato dalla bellezza del ragazzo, il quale alza il braccio verso l'orizzonte a voler indicare qualcosa, e, nel delirio degli ultimi istanti di vita, Gustav immagina se stesso intento a seguirlo verso un ideale irraggiungibile ultraterreno. Il suo corpo ormai esanime viene scoperto poco dopo.

E' un romanzo breve che fa molto riflettere. Un uomo ormai al tramonto della vita che viene "riattivato" e condotto alla follia da emozioni travolgenti nate da una visione di assoluta bellezza.
A fare da sfondo alle vicende, un affresco perfetto di una Venezia in piena decadenza nella quale la morte scorre per tutti i canali.

Un libro da leggere sicuramente. Non aspettatevi un racconto leggero (come vi sarete già immaginati a questo punto) ma preparatevi ad un viaggio intenso ed emotivo.



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