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La Nausea di Jean-Paul Sartre
GENERE: filosofia, esitenzialismo

Ho affrontato questo testo, abbastanza ostico se volete, più per curiosità che per altro. Non avevo mai letto nulla di Sartre ma di questi tempi mi sono accorto di essere amante degli scrittori esistenzialisti (Kierkegaard, Dostoevskij e Kafka); leggere Sartre è stato un passaggio inevitabile ma non piacevole come mi sarei aspettato.

Questo è un testo duro, un'analisi spietata della propria esistenza senza senso, una riduzione del tutto ai minimi termini. Non si può dire che La nausea sia un romanzo nel senso comune del termine, è piuttosto un diario "filosofico" che il protagonista tiene e su cui annota le proprie impressioni e pensieri sulla sua esistenza e sulla pochezza che lo circonda.


Nell'introduzione della prima edizione del libro, pubblicata nel 1938, è lo stesso autore a darci un'idea di cosa ci aspetta:
"Dopo aver viaggiato a lungo, Roquentin si è stabilito a Bouville, tra feroci persone dabbene. Abita vicino alla stazione, in un albergo per commessi viaggiatori e scrive una tesi di storia su un avventuriero del XVIII secolo, il signor de Rollebon. Il lavoro lo porta spesso alla Biblioteca municipale dove il suo amico Autodidatta, un umanista, s'istruisce leggendo i libri in ordine rigorosamente alfabetico. La sera Roquentin va a sedersi a un tavolino del "Ritrovo dei Ferrovieri" ad ascoltare un disco - sempre lo stesso: Some of These Days. E, a volte, sale in camera al primo piano con la padrona del bistrot. Da quattro anni Anny, la donna amata, è scomparsa. Pretendeva sempre di aver dei "momenti perfetti" e si sfiniva immancabilmente in sforzi minuziosi e vani per rimettere insieme il mondo intorno a lei. Si sono lasciati; attualmente Roquentin perde goccia a goccia il proprio passato, sprofondando sempre più in uno strano e oscuro presente. La sua stessa vita non ha più senso: credeva di avere avuto delle belle avventure, ma non ci sono più avventure, ha solo delle "storie". Si attacca al signor de Rollebon: il morto dovrebbe fornire una giustificazione al vivente.
Allora comincia la sua vera avventura, una metamorfosi insinuante e dolcemente orribile di ogni sensazione; è la Nausea che vi prende a tradimento e vi fa galleggiare in una tiepida palude temporale: è stato Roquentin a cambiare? O è stato il mondo? Mura, giardini e caffè vengono bruscamente assaliti da nausea; altre volte Roquentin si sveglia in una giornata malefica: qualcosa è in putrefazione nell'aria, nella luce, nei gesti della gente. Il signor de Rollebon torna a morire; un morto non può mai giustificare un vivente. Roquentin si trascina a casaccio per le strade, corpulento e ingiustificabile. E poi, il primo giorno di primavera, capisce il senso della sua avventura: la Nausea è l'Esistenza che si svela - e non è bella a vedersi, l'Esistenza. Roquentin conserva ancora un briciolo di speranza: Anny gli ha scritto, la rivedrà. Ma Anny è diventata una cicciona greve e disperata; ha rinunciato ai suoi momenti perfetti, come Roquentin alle Avventure; anche lei, a suo modo, ha scoperto l'Esistenza: non hanno più nulla da dirsi. Roquentin torna alla solitudine, sprofondando nell'enorme Natura accasciata sulla città e di cui prevede i prossimi cataclismi. Che fare? Chiamare in aiuto altri uomini? Ma gli altri uomini sono gente dabbene: si scambiano gran scappellate e ignorano d'esistere. Lui deve abbandonare un'ultima volta Some of these Days e, mentre il disco gira, intravede una possibilità, un'esile possibilità di accettarsi"
Sartre è uno dei maggiori esponenti dell'esistenzialismo e a suo modo di vedere la nausea si traduce in una dimensione parallela, metafisica, nella quale la condizione umana, quello che lo stesso autore definisce come "orrore di esistere", è vissuta come fonte di angoscia e di solitudine assoluta.
"Siamo soli!" E' questo che Sartre sembra gridare al lettore ad ogni pagina e per ogni attimo di vita del protagonista; ed è un grido pieno di disperazione. Questo abbandono a se stessi obbliga l'individuo a decidere in autonomia, ma è proprio questo che concretizza l'esistenzialismo nella libertà assoluta del singolo sottolineando l'importanza delle proprie scelte.

Posso solo dire che questo libro mi ha lasciato un gran senso di solitudine: nonostante l'apertura sul finale, quello che ho letto sono più di 200 pagine di pessimismo, l'autore è pessimista senza voler fare nulla per non esserlo. E' infelice ma ci sguazza cercando ostinatamente la possibilità di ridursi a zero, inattivo, inoperoso. Se solo provasse a fare qualcosa... trovare un lavoro, avere una famiglia penso che tutto cambierebbe radicalmente...

Curiosità: In origine l'opera prendeva il titolo di Melancholia, in onore dell'omonima incisione del pittore Albrecht Dürer. Fu l'editore Gallimard a chiedere all'autore di cambiare il titolo, non ritenendolo sufficientemente "affabile" per il pubblico, in La Nausea...



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